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Vitamina D: che cosa c’è da sapere
La vitamina D è un composto liposolubile che tende ad accumularsi nel tessuto adiposo dell’uomo e degli animali ed è presente in quantità apprezzabile soltanto in alcuni cibi grassi, di norma poco consumati nel contesto della dieta media della maggioranza delle persone. In natura, la vitamina D, esiste sotto forma di colecalciferolo (vitamina D3) ed ergocalciferolo (vitamina D2). La prima deriva principalmente dalla trasformazione, indotta dall’esposizione per un tempo sufficiente ai raggi solari Uv B, di un composto chiamato 7-deidrocolesterolo, contenuto nelle membrane plasmatiche delle cellule della pelle. Esistono anche alcune buone fonti alimentari di vitamina D3, rappresentate soprattutto dai pesci grassi dei mari del Nord, come salmoni, sgombri e aringhe, e dall’olio di fegato di pesce (in particolare, di merluzzo, celebre rimedio contro il rachitismo, molto utilizzato in passato poiché favorisce lo sviluppo scheletrico dei bambini). Quantità minori di vitamina D3 sono fornite dal fegato di manzo o maiale, dalle uova e dal formaggio. La vitamina D2 si forma, invece, per trasformazione di un composto, chiamato ergosterolo, presente nelle membrane delle cellule vegetali, analogamente indotta dai raggi solari Uv B. La vitamina D2 può essere quindi assunta attraverso il consumo di frutta e verdura, ma il quantitativo ottenibile da queste fonti è generalmente molto basso, tenuto conto dei livelli di consumo medio. A essere abbastanza ricchi di vitamina D2 sono, invece, alcuni funghi coltivati in condizioni controllate sotto irraggiamento Uv B. Dopo l’assorbimento intestinale, la vitamina D viene trasformata nelle sue forme biologicamente attive, ossia il 25(OH)D e il 1,25(OH)D. I livelli nel sangue del 25(OH)D sono presi come parametro di riferimento per stabilire se una persona è carente di vitamina D oppure se si trova in condizioni di deficienza, insufficienza o sufficienza.
Pelle, sole e vitamina D
L’esposizione solare quotidiana è il sistema più semplice, efficace, economico e piacevole per fare il pieno di vitamina D. Tuttavia, per trarre tutti i vantaggi e nessun danno dai raggi Uv, il sole va preso nel modo giusto, tenendo conto di alcuni principi basilari e rispettando opportune cautele.
Innanzitutto, va precisato che, affinché il 7-deidrocolesterolo presente nell’epidermide possa essere trasformato in vitamina D3, i raggi Uv B devono poter agire direttamente, senza essere “frenati” da indumenti né da protezioni solari (un prodotto solare con basso fattore di protezione, SPF 15, è sufficiente a impedire la sintesi di vitamina D3). La pelle, quindi, dovrebbe essere presentata al sole totalmente indifesa. Questa necessità si scontra, evidentemente, con la raccomandazione dei dermatologi di proteggere sempre l’epidermide dai raggi Uv A e B, nell’ottica di prevenire scottature, invecchiamento cutaneo e altre problematiche anche gravi. Una mediazione tra necessità di sintetizzare vitamina D3 e tutelare la pelle da danni certi si può ottenere esponendosi al sole senza crema solare, ma per brevi periodi (15 minuti circa al giorno) ed evitando le ore più calde della giornata (11.00-16.00) e le situazioni di massimo irraggiamento Uv B (luce molto chiara, alta montagna, mare aperto, bordo piscina ecc.).
Riguardo alla superficie da esporre, viso, braccia e parte delle gambe offrono un’area di trasformazione sufficiente in primavera ed estate, quando l’irraggiamento è maggiore, mentre in autunno-inverno, nelle aree geografiche meno prossime all’equatore (compresa l’Italia, da Nord a Sud), la produzione di vitamina D3 per questa via si rivela insufficiente e sempre più scarsa man mano che ci si sposta verso il Nord Europa.
I benefici della vitamina D
La vitamina D è indispensabile per assorbire il calcio e il fosfato a livello intestinale e per mediarne l’utilizzo da parte delle cellule dell’osso.
Un inadeguato apporto di vitamina D, quindi, influenza negativamente l’equilibrio calcio-fosforo dell’organismo ed espone al rischio di sviluppare malformazioni scheletriche nell’infanzia (rachitismo), di non raggiungere il picco di massa ossea al termine dell’accrescimento e di andare incontro a condizioni di osteopenia già a partire dai 35 anni e a osteoporosi in età avanzata (soprattutto nella donna in post menopausa, quando i livelli degli ormoni estrogeni si riducono drasticamente e smettono di tutelare l’osso).
La vitamina D è importante anche per la salute dei denti. Lo smalto dei denti è costituito in gran parte di minerali (95-97%) e principalmente di calcio, potassio, sodio, fosforo ecc. Soprattutto nell’infanzia, un adeguato apporto di calcio attraverso la dieta risulta cruciale per la formazione di denti sani e protetti dall’aggressione dei batteri responsabili della carie. Anche in questo caso, la vitamina D gioca un ruolo chiave e, se non è presente in quantità adeguata, tanto i denti da latte quanto quelli definitivi possono patirne in modo significativo.
Ricerche recenti hanno chiarito che la vitamina D è importante per la salute orale anche per altre ragioni. In particolare, è stato osservato che deficit di vitamina D si associano, oltre che a denti più fragili e propensi alla carie, anche a una maggiore incidenza di patologie gengivali, come gengiviti e parodontiti. In questo caso, a giocare un ruolo protettivo determinante sarebbe l’attività antinfiammatoria, immunostimolante e antibatterica della vitamina D.
Anche il metabolismo muscolare, da cui dipendono forza e funzionalità dei muscoli, è legato alla vitamina D e, in particolare, ai livelli del suo metabolita attivo 1,25(OH)D, che influenza la sintesi delle proteine. Alcune evidenze indicano che quando questo metabolita della vitamina D scarseggia il muscolo ne risulta indebolito, con conseguente minor capacità d’esercizio ed efficienza nel movimento, nonché esposto a un maggior rischio di riduzione della massa (sarcopenia).
Un numero crescente di evidenze indica che la vitamina D è importante anche per supportare il buon funzionamento del sistema immunitario e proteggere l’organismo da malattie infettive di natura virale o batterica.
Livelli ideali di vitamina D
Gli esperti discutono da anni, senza essere ancora arrivati a un completo accordo, su quali siano i livelli plasmatici “ideali” di 25-(OH)D e l’esatta dose giornaliera di vitamina D da assumere per mantenerli, nell’ottica di ottenere i massimi vantaggi fisiologici senza correre rischi.
Attualmente, la posizione prevalente individua uno stato di carenza/deficienza per concentrazioni plasmatiche di 25(OH)D < 20 ng/ml e di insufficienza per valori compresi tra 21 e 29 ng/ml, mentre livelli >30 ng/ml sono ritenuti adeguati per tutelare il metabolismo osseo e beneficiare di tutte le ulteriori azioni favorevoli della vitamina D.
Rispetto alla quantità da assumere quotidianamente, la Società italiana di nutrizione umana (SINU) indica che i lattanti dovrebbero introdurre circa 10 μg di vitamina D al giorno, mentre bambini a partire dall’anno di età, adolescenti e adulti fino a 74 anni dovrebbero assumerne 15 µg/die (comprese donne in gravidanza e durante l’allattamento). Dai 75 anni in avanti, il livello giornaliero raccomandato sale a 20 µg/die.
In tutti i casi, questi valori corrispondono all’apporto complessivo di vitamina D, ossia derivante dagli alimenti e dall’eventuale assunzione di integratori mirati (il cui dosaggio deve essere stabilito in base al fabbisogno individuale) per gli uomini e le donne che sono in condizioni di buona salute.